Appunti per INFERNO
Tutto sarebbe parte di un continuum.
I margini delle cose cominciano a fondersi.
(estratto da un’intervista a Sarah Kane)
Abbiamo iniziato a lavorare ad Inferno nel dicembre 2011. Inferno di Dante. Una suggestione, un pretesto, che prova dopo prova ci tratteneva in quella selva oscura, buia, deserta e solitaria, e rimandava a una drammaturgia moderna, a un linguaggio che meglio potesse cogliere i nostri intenti: un passaggio di crescita, quel viaggio dantesco, un’ascesa a dio - al nostro dio interiore, al nostro umano - per dare spazio a noi stessi. Un viaggio – quel viaggio dantesco – che prova dopo prova, mentre parlava d’altro, si rivelava sempre più chiaro: una partitura drammaturgica che potesse lasciare indietro la tessitura testuale e dare voce ai corpi, corpi inermi, senza confini, senza struttura, incapaci di percorrere qualsiasi direzione e condannati a gridare in eterno quel disperato sentimento di esserci, corpi inchiodati a una rigidità inconsapevole ed indotta, per tenere insieme i propri pezzi, per non andare in pezzi. Corpo e anima non possono essere veramente uniti, come faccio ad avere una struttura se non ho più un pensiero strutturato? Il viaggio dantesco si perdeva in mille rivoli e parlava d’altro.
Il silenzio, l’euforia, il silenzio. Il primo quadro del nostro Inferno.
Scoprivamo, prova dopo prova, l’euforia indotta, che ci obbligava a un continuum senza forma, in cui le cose iniziano a fondersi, in cui il passaggio tra il tu e l’altro era un continuo svendersi nella ricerca di un compiacimento, un tentativo spasmodico e disordinato di colmare il buio, un buio antico, l’Inferno, un buio antico di chi non può far altro che sfiorarsi, e perdersi
Eppure un viaggio dentro cui scorreva una vitaltà infinita, e in fondo al quale scoprivamo che per lasciare spazio a noi stessi, sembrava necessario lasciare qualcosa di noi, in quell’inferno, accettare il proprio limite, lasciare andare le cose nella direzione che queste naturalmente prendono.
Questo, semplicemente, il nostro Inferno, che attraverso Sarah Kane, Martin Krimp, Calvino, Dante, attraverso i nostri corpi, abbiamo provato a raccontare.
Grazie ai ragazzi, che con pazienza, amore e fiducia, mi hanno seguita in questo viaggio.
Questo lavoro è dedicato a quante – a me care - non hanno smesso di correre. Alle storie dei draghi, a quanto negli anni ho dovuto lasciar cadere dalle mie mani, e perdere.
Alessia, 26 febbraio 2012, ore 3.14.
La seduttività di Debora è sconcia, maldestra. E’ una seduttività disperata. L’immagine è chiara e anche eccessivamente didascalica, volendo. Ma rimanda a un’infinità di modi di sedurre il prossimo. La disponibilità eccessiva è una modalità di seduzione : io ti seduco, compiacendoti, perché tu possa nutrire il mio bisogno narcisistico. Creo legami dove non ci sono. Forzo continuamente.